Urbana prima e seconda di Anonimo 1

URBANA PRIMA

Amai la città.
Per la curva lucente del suo fiume
per il pulsare costante dei motori
le luci rutilanti di notti senza pausa
il mormorio che sale alla collina
fin dove siede
spiando fuggevoli curve di fumo
e ascolta
chi attende invano il sonno

per i diritti viali di giganti
disperati sotto l’assalto di fiati mortali
dita nere contro cieli bianchi
eppure pronti a rinascere
per il corso
allagato di sole e vita
o triste
come un bimbo senza amici alla pioggia
nell’autunnale uggia senza fine
quando il portico è solo
e chi cammina
strisciando i piedi in terra
per non udire l’eco dei suoi passi
vuole volare
o uccidersi
o godere.

L’amai.
Per le pallide piazze aperte sui monti
i ruggiti del grande autobus le sirene
la corsa contro il tempo nella luce
la spossatezza nella notte
città come gran mostro
che respira al buio e al cielo i suoi dolori
per il tentacolo che avvolge le campagne
per la torre di vetro
opale di fuoco al tramonto.

Perché sembrava d’uomo.

URBANA SECONDA

Ma vidi
l’uomo farsi complice alla formica
vidi la pressa scendere
regolare scandiva il tempo
al suo ritmo di scialo e di miseria
ville e tuguri perduti in mezzo al fumo
fronteggiarsi
solo una via tra loro
vidi violenza proposta come amore
scoprii la noia su facce ridenti
svelarsi in occhi sicuri di non essere visti
occhi a milioni

e
inferno privato di chi vuol capire

la parola che non penetra il suo senso
labbra che si muovono e non dicono
bocche che sbavano rumori e rutti.
I significati si inondarono di silenzi.

Vidi la solitudine
mille teste e denti affilati
trarre alimento da colori e voci
di folle allucinate o inerti
vidi amori sfiorarsi a bocche chiuse
la follia annidata
nei margini nascosti della mente
come un agguato nella notte
nutrirsi di freddi amplessi
degradare boccioli di notturni fiori
in viscida poltiglia senza forma.

Fuggii la città.
Perché sembrava d’uomo.

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