Le stelle d’acqua di Santiago Delagado, tradotto dallo spagnolo da Maurizia Rolfo

Le stelle d’acqua
(Al Pian del Re, sotto il Monviso)

A Guglielmo

Il Grande Dio dei Cieli non aveva ancora terminato di separare le terre dalle acque, nel Secondo Giorno della Creazione, quando pensò –mosso da un impescrutabile proposito- che, sebbene non avesse ancora concluso il suo immane compito, doveva fermarsi e riposare proprio quel Giorno. Così fece, ma prima riunì il Consiglio dei Demiurghi, esseri celesti incaricati di portare a termine i dettagli della Magna Impresa, e ordinò loro, lasciandoli sbalorditi, di portare avanti per conto Suo, tutto il lavoro di quella giornata.

  • Dovete irrigare le secche terre lontane dal mare, con freschi fiumi che corrano liberi per le valli; e vasti laghi che rallegrino le alte montagne. Deve essere tutto concluso in questa giornata perché domani, il Terzo Giorno, continueremo l’opera seguendo quel che è scritto nella Genesi- disse, indicando il libro che teneva nelle mani mentre lo chiudeva con solennità.
    Quindi, dopo essersi sistemato il grande libro sotto il braccio, se ne andò, lasciando i demiurghi più che sorpresi, stupefatti.
    Il sole si trovava ancora in mezzo ai cieli, e rimaneva una buona mezza giornata prima che il giorno si concludesse completamente.
    Orgogliosi di aver ricevuto un simile incarico e desiderosi di far bella figura davanti al Signore, discussero accanitamente su come avrebbero agito per realizzare un’opera degna di Lui.
    Scartarono varie idee di ingegneria, basate sulla costruzione di canali ascendenti dal mare in rapide e potenti evaporazioni sugli oceani e trasportate in seguito sulle montagne. Non avevano tempo per intraprendere opere simili.
    Alla fine decisero di formare grandi quantità di “stelle d’acqua”; specie di brillanti borse di acqua essenziale, pura e chiarissima, dalle quali sarebbero scaturite le fiumane e gli stagni orinati dal Creatore. Sospesero queste stelle nell’aria, una su ogni cima della Terra, in giuste proporzioni; quanto più alta era la montagna, più grande era la stella. Poi, quando tutte sarebbero state sistemate, avrebbero dato ordine alle grandi e luminose gocce di acqua essenziale di spargersi sulle montagne, dando forma ai fiumi e ai laghi, che dovevano costituire materia tangibile prima che il giorno finisse.
    Ogni stella sarebbe dovuta cadere secondo l’orientamento della cima assegnatale –nord, sud, est, ovest- in base alla proporzione con il resto dei fiumi che già scorrevano sulla superficie della Terra, in modo che non rimanesse, o ne rimanesse poca, terra arida. I Demiurghi ordinarono quindi al primo fiume di fluire in una direzione arbitraria poi, uno ad uno, per ordine, il resto delle gocce di acqua luminosa cominciò a compiere lo stesso movimento su un orientamento diverso da quello scelto dal fiume precedente. Sulla grande cima del Monviso, altissima, imponente piramide di pietra, circondata da una bruma nebulosa e coperta da un bianco manto di purissima neve che la faceva ancora più bella, pendeva, splendida e luminosa, una perfetta sfera d’acqua che brillava al sole, il quale, più alto delle montagne, si contemplava orgoglioso nello specchio oblungo della rotonda goccia.
    A poco a poco, tutti i fiumi iniziarono a scorrere da una parte e dall’altra, mentre le stelle d’acqua andavano sparendo, trasformate in fiumi, grandi, piccoli, mezzani; oppure in vasti laghi e bellissime cascate.
    Arrivò il momento in cui rimase una sola stella d’acqua, immensa, che stava sospesa sulla cima del Monviso. Il pomeriggio era trascorso, ormai andava spegnendosi quel Grande Secondo Giorno della Genesi. Successe allora che, mentre il sole spariva sull’orizzonte a ovest, i Demiurghi iniziarono a inquietarsi. La stella del Monviso, triste per aver perso di vista il sole, non si decideva a cadere su nessun punto cardinale dei quattro che Dio aveva disposto sulla la Terra. Dotata di un singolare libero arbitrio, la stella, forse disorientata dalla mancanza del sole e della sua luce, oscillava ora verso il nord, ora verso il sud, verso l’ovest, o verso l’est.
  • In direzione del nord no, perché l’acqua diventerà gelo. Verso il sud nemmeno, perché si trova molto vicino al mare e sarei un fiume molto corto. Comunque non ad ovest, perché morirei come il mio amico sole, che è scomparso da quella parte… Che cosa mi offrirà l’est, se andrò dalla sua parte? – Così ragionava la triste stella d’acqua, senza sapere a quale parte dell’orizzonte dirigersi.
    In quel momento cominciò la notte. I Demiurghi pensarono, con ragione, che quella era la notte del Secondo Giorno e, conseguentemente, parte di quel Secondo Giorno. Per questo acquietarono i loro timori, poiché c’era ancora tempo per compiere la missione che il Signore Iddio aveva loro raccomandato. Tuttavia, si riunirono in consiglio per decidere quale decisione prendere.
    Il decano dei Demiurghi, sommo conoscitore delle cose divine, parlò a tutti per tranquillizzarli.
  • La stella è diventata creatura animata, per disegno dell’Onnipotente. Ha potere di decisione, per questo dubita. Possiede sentimenti, per questo teme di sbagliare. Il suo libero arbitrio si trova sotto la protezione dell’Altissimo. Lasciamo che mostri la propria volontà, poiché sarà la Volontà di colui che ci ha creati. Ritiriamoci per lodare Dio; Egli provvederà-.
    Tutti eseguirono l’ordine, e la notte fece il suo corso. Arrivarono le dubbie luci dell’alba, che precedevano lo spuntare del sole; tutto era immutato. Quando oramai il luminoso disco aveva iniziato a sorgere da oriente, la stella rimaneva a sovrastare l’alta cima del Monviso. Poi, lentamente, i raggi del sole, ancora non completamente fuori dalla linea dell’orizzonte, cominciarono a illuminare la sfera trasparente. Con essi l’acqua, rinchiusa nella goccia luminosa, cominciò a sentire il vibrante desiderio dell’amore gioioso. Successe allora che, vedendo nuovamente il suo amato fratello sole, la goccia oscillò indietro, verso l’occidente, prese impulso con decisione, e quindi si lanciò, bella e felice, in direzione del levante, per poter abbracciare il sole, suo unico amico.

Murcia, agosto 2002.

Santiago Delagado

Traduzione dallo spagnolo: Maurizia Rolfo

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